Lo spunto acetico è talvolta considerato lo spauracchio dell’enologo, ma a torto. Infatti, questo timore porta ad un minimo di pulizia e di attenzioni, indispensabili per un prodotto alimentare, di per sé molto resistente e che si “vendica” dell’enologo incurante solo quando viene trattato molto male.
Alcol, acidità e tannini sono i conservanti del vino. A questi si può aggiungere l’anidride solforosa che, se sapientemente dosata, pur con bassi tenori, consente di assicurare una perfetta conservazione.
Di fondamentale importanza è l’igiene. Se questa è relativamente facile da ottenere con i recipienti in acciaio o vetroresina, diverso è il modo di operare con le botti in legno, per le quali la sanitizzazione è sempre parziale, rendendole fra le principali fonti di inquinamento microbico dei vini.
È necessario inoltre porre un’accurata attenzione alla linea di imbottigliamento, con peculiari lavaggi al termine di ogni giornata di lavoro, e sterilizzazioni con vapore prima di ogni utilizzo. Tutto questo senza mai trascurare i macchinari (pompe, filtri, ecc.) e le tubazioni, che quotidianamente vengono a contatto con vini, talvolta diversi nella composizione chimica e microbiologica, con rischio di trasmettere eventuali alterazioni da un vino all’altro.
Le malattie a cui un vino può andare incontro sono principalmente riconducibili a metabolismi batterici, siano essi acetici o lattici.
Va detto che tutte queste alterazioni, sono ormai una vera rarità, per la presenza di vini con un’acidità equilibrata, l’utilizzo sempre più razionale della SO2 e per la buona igiene delle cantine.