A metà degli anni '70 è diventata operativa la selezione clonale. Il clone è un individuo selezionato tra i moltissimi appartenenti alla stessa varietà. Le caratteristiche del clone si tramandano alla progenie derivata per via “agamica”, ossia per talea. Quindi, prendendo ad esempio il Sangiovese, un clone propenso a maggior quantità, ma meno zuccheri e colore, potrebbe risultare utile e interessante per una particolare produzione. Nell’ambito dei principali vitigni sono stati selezionati numerosi cloni (e si continua tutt’ora), non solo per soddisfare le più svariate esigenze, ma anche allo scopo di piantare, in ciascun vigneto, più cloni, evitando così di impoverire eccessivamente la variabilità genetica e salvaguardare la biodiversità. Tale accorgimento è utile anche ai fini enologici in virtù di una “complessità” che solo le piccole differenze clonali, abbinate alle caratteristiche dell’appezzamento, possono offrire. Quindi più cloni significano maggior ricchezza in profumi, aromi, sali, ecc. Tutto il materiale derivato dalla selezione clonale presenta infine il vantaggio di accurati controlli sanitari, in particolare delle virosi (complesso dell’arricciamento, legno riccio, accartocciamento fogliare), quasi sempre collegate a decadimenti produttivi e qualitativi.