L’Ampelografia è la scienza che studia e riconosce le varietà e i metodi su cui si basa sono essenzialmente tre:
1) descrizione minuziosa delle parti di pianta che l’esperienza ha indicato come più costanti e in grado di individuare la varietà. Tra questi abbiamo i germogli, le foglie, le bacche ed i vinaccioli: minori informazioni utili si possono trarre dall’esame di tralcio, tronco, radici e fiori. Questo tipo di indagine, essenzialmente visivo e soggettivo, richiede un esperto che riesca a focalizzare gli elementi che fanno la differenza. Si è cercato di oggettivare questo tipo di indagine, sfruttando anche i moderni mezzi informatici sia per agevolare e uniformare le descrizioni, sia per formare delle banche dati con le quali è più pratico il confronto dei diversi risultati. L’individuazione di una cultivar in base ai caratteri morfologici è ancora la più diffusa a livello pratico (ad esempio per individuare varietà estranee in vivaio ed in vigneto), ma richiede sempre un occhio esperto che, in ogni caso, ha conoscenze limitate.
2) chemiotassonomia, ovvero riconoscere una cultivar in base all’indagine quanti-qualitativa di alcuni costituenti chimici. Questi si distinguono in due gruppi:
metaboliti secondari del tipo composti aromatici e fenolici;
composti ad alto peso molecolare tipo proteine, enzimi ed acidi nucleici.
Questo tipo di indagine, attuabile solo da centri di ricerca, richiede poi una elaborazione statistica dei dati e fornisce risultati interessanti, ma non sempre sicuri.
3) analisi del DNA. È il metodo che offre la garanzia di riconoscere con certezza ogni cultivar e di individuarne anche i genitori. I risultati più recenti hanno anche creato qualche sorpresa: grazie a questa tecnica ora sappiamo che il Sangiovese è frutto di un incrocio Calabrese x Ciliegiolo, che il Muller Thurgau non deriva da Riesling x Sylvaner ma, soprattutto, possiamo eliminare tutti i nomi diversi che individuano lo stesso vitigno.