Perché avvenga la FA basterebbe ammostare l'uva e semplicemente attendere che i lieviti indigeni, presenti sulla buccia della bacca, provvedano ad innescare il processo microbico. Ciò richiede tempo, a volte giorni in funzione della temperatura, quantità di microrganismi iniziale, concentrazione zuccherina, ecc…
Durante questa fase di latenza in cui S. cerevisae si moltiplica sino a raggiungere la concentrazione sufficiente ad innescare la reazione, il mosto è soggetto ad una serie di potenziali aggressioni microbiche da parte di organismi indesiderati, come lieviti apiculati o peggio, batteri lattici o acetici, Tali forme viventi hanno la caratteristica di metabolizzare gli zuccheri, ma deviando i processi fermentativi verso prodotti di reazione assolutamente indesiderabili, come l’acido acetico, e altri. Tale inconveniente è ovviabile addizionando alla massa pochi grammi di biossido di zolfo che seleziona la microflora presente nel mosto, lasciando campo aperto a S. cerevisae, più tollerante a tale antisettico.
Inoltre, anche qualora sia S. cerevisae a condurre la FA, non è possibile sapere quale ceppo sia predominante. Ciò da una parte potrebbe certamente “caratterizzare” il vino differenziandolo ulteriormente dagli altri, ma viceversa potrebbero insediarsi ceppi con caratteristiche poco positive, magari non alcol tolleranti, o produttori acido solfidrico, o ancora fermentatori lenti ecc…
La fermentazione spontanea perciò, offre certamente alcuni vantaggi, ma comporta una notevole percentuale di rischio di insuccesso, del quale occorre tenere conto.