La notissima “teoria dell’evoluzione”, dimostrata da Darwin nel 1859 all’interno della sua opera più importante (titolo completo: “Sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita”), e più volte confermata da innumerevoli studi successivi recita a grandi linee quanto segue, traendo liberamente da Wikipedia: “Gli individui di una popolazione sono in competizione fra loro per le risorse naturali; in questa lotta per la sopravvivenza, l'ambiente opera una selezione, detta selezione naturale. Con la selezione naturale vengono eliminati gli individui più deboli, cioè quelli che, per le loro caratteristiche sono meno adatti a sopravvivere a determinate condizioni ambientali; solo i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli. In sintesi, i punti principali su cui è basata la teoria evoluzionistica di Darwin sono: variabilità dei caratteri, eredità dei caratteri innati, adattamento all'ambiente, lotta per la sopravvivenza, selezione naturale ed isolamento geografico”.
La vite domestica, intendendo con questo termine tutte le varietà coltivate e propagate dall’uomo per via agamica (cioè tramite talea), è sempre sfuggita a questa semplice regola. Infatti l’ottenimento di nuove piantine, da spezzoni di tralcio posti a radicare, crea individui perfettamente identici al genitore, ad eccezione delle mutazioni che possono sempre avvenire in natura.
Questo significa che attualmente stiamo coltivando, da un punto di vista genetico, piante “vecchie” migliaia di anni. A fronte di patogeni estremamente moderni (peronospora, oidio, ecc.) è facilmente comprensibile come la lotta sia piuttosto impari e, semplificando di molto il discorso, si sopperisca a tale carenza evolutiva con l’intervento antropico, sia agronomico ma più spesso con l’ausilio di fitofarmaci.
I sistemi di miglioramento della vite che oggi si possono attuare sono l’incrocio, la selezione massale e la selezione clonale.