Di fronte ad una parassita in grado di distruggere foglie e grappoli e che, in un anno, si è diffuso in tutta l’Europa viticola, la ricerca dei possibili rimedi è stata immediata e a tutto raggio. Già nell’America del nord era stato verificato (1870) come una protezione al di sopra delle viti, evitando la pioggia, annullava il danno, ma il costo era proibitivo. Anche i pali impregnati di rame per aumentarne la durata sembravano proteggere la vegetazione a loro prossima, ma questa, come l’idea di immergere nel rame mazzi di paglia da legare sopra le viti, si rivelarono ben presto rimedi insufficienti e ingestibili. Per qualche anno, specie in Italia, si ritenne che il latte di calce potesse costituire una efficace barriera fisica per impedire al fungo di penetrare negli stomi e sembrava importante documentare che tale trattamento non aveva controindicazioni enologiche, ma appena dopo la proclamazione ufficiale dei vantaggi della calce ... si dovette ammettere che, senza il rame, l’efficacia era insufficiente. Infinite sono state le formule rameiche studiate e proposte ma, già prima del 1890, era chiaro un concetto: i bassi dosaggi di rame fornivano ottimi risultati in annate poco predisponenti la malattia, mentre cedevano il passo in quelle “da peronospora”.