La sua origine sconosciuta sfocia malinconicamente ai nostri giorni in pochi vecchi vigneti, dove qua e là, si confonde con la famiglia delle ben più blasonate schiave di cui è geneticamente parente. Il vigore elevato costringe a potature lunghe, con logiche abbondanti produzioni. L’innata rusticità lo rende tenace agli attacchi peronosporici e botritici, ma non contro l’oidio, che più facilmente ne colonizza i tessuti. La sensibilità ai freddi primaverili spesso giustifica una leggera colatura fiorale o acinellatura dei frutti. La poca struttura ne sconsiglia la vinificazione in purezza, mentre leggeri e gradevoli sono i vini ottenuti in uvaggi con Teroldego e Negrara.
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